Il Mattino ripropone l’idea dell’azionariato popolare per rinnovare l’Euganeo

Sta prendendo sempre più piede nelle discussioni dei tifosi l’affascinante ipotesi di azionariato popolare rilanciata dalle pagine del nostro giornale dopo il blackout che ha costretto alla sospensione di Padova-Torino. Una vera e propria figuraccia a livello nazionale, che ha alimentato le ire dei tifosi nei confronti di uno stadio mal digerito e costantemente vittima di qualche disguido. Ad accorgersene, in questo caso, non solo i sostenitori biancoscudati, ma anche gli appassionati di tutt’Italia, molti dei quali collegati con l’Euganeo per seguire il big match di serie B. L’inadeguatezza dell’Euganeo è stata sottolineata anche dal quotidiano torinese Tuttosport, che ha ripreso la prima pagina del Mattino di domenica (quella con il titolo «uno stadio da buttare») definendo l’Euganeo come «un caso». Uno stadio che è un problema italiano. Ma in tutto questo l’azionariato popolare che c’entra? Senza addentrarsi in modelli complicati come quello spagnolo del Barcellona, in seno ai tifosi italiani negli ultimi tempi sta montando la convinzione che si debba entrare a far parte della vita del proprio club. In Germania, ad esempio, tutto questo è legge. La regola del 50 più 1, fa in modo che la maggioranza delle azioni di un club sia in mano ad un associazione sportiva (insieme di tifosi, imprenditori o istituzioni locali) che possa quindi partecipare attivamente alle decisioni prese dalla società, il che non vuol dire garantire un uguale impegno economico. Ai tifosi è però permesso l’elezione di rappresentati nei vari organi di amministrazioni e in alcune realtà (come l’Amburgo o il St.Pauli) questi gestiscono anche aspetti molto importanti, come il marketing della loro squadra. Ecco quel che chiedono i tifosi: contare nelle decisioni della società. In Italia l’idea dell’azionariato popolare è rimbalzata soprattutto nei momenti di crisi. Per ora l’esempio più lampante è quello del Modena, dove una cooperativa di tifosi (Modena sport club) ha rilevato l’1% delle quote societarie. A Bari a rilanciare l’ ipotesi sviluppata qualche anno fa è stato lo stesso sindaco Emiliano, parlando della possibilità per i tifosi di acquistare abbonamenti pluriennali in cambio di quote societarie. In Inghilterra è stata fondata una organizzazione che promuove l’azionariato popolare nelle realtà calcistiche di tutta Europa. A questa organizzazione hanno aderito alcune piazze italiane, come quella di Roma dove l’idea di azionariato era girata quando c’era il timore del fallimento (prima quindi dell’arrivo degli americani). A Padova, fortunatamente, il sostegno economico è garantito dalla forza imprenditoriale di Marcello Cestaro. Ma se l’idea di azionariato popolare fosse sviluppata seriamente, siamo sicuri che il patron non disdegnerebbe un aiuto, soprattutto dal punto di vista gestionale, da parte dei propri sostenitori.
Fonte | Stefano Volpe per Il Mattino di Padova