Carron: “Può essere l’anno giusto”

Ha un gran carattere, Barbara Carron. Senza non si può passare indenni in un mondo maschile e maschilista come quello del calcio. Volitiva, concentrata, puntuale nei panni di vice Presidente del Padova. Lotta agli stereotipi.

Nel proprio cellulare Sun Tzu, autore de “L’Arte della Guerra”, testo immortale per strateghi militari e guru manageriali.

Cacia (28) nel rettangolo di gioco, pronto a vincere l’ultima battaglia chiamata promozione in A.

Con una platea davanti, quando canta la sua musica, e l’anima a farla da padrone.

In ESCLUSIVA a TMW dice di volere “un calcio che torni ad emozionare, semplice, pulito, ridotto all’osso, ma emozionante”.
Perché va bene il carattere, ma sorretto da cuore grande così.

Barbara, il Padova vola dopo un mercato per palati fini. È il vostro anno?
“Io credo che per gli investimenti fatti e sopratutto per l’entusiasmo incoraggiante che la città e i suoi tifosi ci danno, possa essere per davvero l’anno giusto. Poi il calcio si sa, non segue logiche razionali. I risultati sono spesso frutto di meccanismi equilibrati”.

Con chi vi giocherete fino alla fine la promozione?
“A questo punto del campionato vorrei dire con Samp, Sassuolo e Pescara di sicuro. Il Toro lasciamolo andare su tranquillo, è una squadra forte e Ventura sa il fatto suo”.

Lo stadio Euganeo non è sempre pieno, nonostante gli eccellenti risultati: che idea vi siete fatti?
“Siamo una delle piazze più frequentate del campionato di Serie B. Accogliamo dai 6/7 mila spettatori fino ai 14 mila. Naturale che poi lo stadio si riempia quando arrivano squadre blasonate e un po’ meno quando arrivano squadre con meno seguito, questo succede anche a San Siro. Gli stadi italiani non sono ancora all’altezza di quello che è lo spettacolo offerto. Ci stiamo arrivando, piano piano”.

Padova – Reggina, del 30 agosto scorso, è stata la prima partita italiana illuminata con energia prodotta da pannelli fotovoltaici montati nello stadio. Un altro segnale di rottura forte al nostro calcio?
“Con gli incentivi l’Italia è diventata una potenza mondiale nel campo del fotovoltaico. La mia stessa azienda se n’è dotata ampiamente e ciò che costruiamo ultimamente lo dotiamo quasi sempre di pannelli fotovoltaici. Più che un segnale di rottura dico che è un segnale del forte ingegno che caratterizza e ha sempre caratterizzato il popolo Italiano”.

Come descriverebbe il suo DS Rino Foschi?
“Un professionista”.

Interverrete nel mercato di gennaio?
“Probabile. E’ sotto gli occhi di tutti che qualcosina dietro ci viene a mancare, sopratutto dovuto al fatto che Donati (21) è spesso convocato in Nazionale, e questo non può che farci piacere, ma ci obbliga a scelte che non rendono il gioco fluido come lo sarebbe con la sua presenza”.

Dal Canto sta sorprendendo tutti per la naturalezza con cui guida la squadra, qual è il suo segreto?
“Alex è semplice e vero. Questo suo modo di essere lo trasmette tanto ai calciatori quanto all’ambiente esterno”.

El Shaarawy (19) sta trovando pochissimo spazio al Milan, è impensabile un suo ritorno in biancorosso?
“Impensabile. Quando è stato utilizzato, ha fatto bene, benissimo. Io continuo a pensare che se non ci si fida di un giovane, per motivi assolutamente indiscutibili, meglio svezzarlo in qualche piazza meno importante sempre in Serie A. La continuità di gioco in un calciatore è fondamentale. Questo è il mio parere, ma di certo né Galliani né Allegri hanno bisogno dei miei consigli (sorride)”.

C’è un nuovo El Shaarawy nel Padova d’oggi?
“Forse Mattia Perin (19). Ma un portiere è un giocatore la cui prestazione si giudica in maniera diversa rispetto a quella di un attaccante o di un regista”.

Si è parlato di Del Piero (37) al Padova, quasi vent’anni dopo: rimarrà Fantacalcio?
“Credo di sì. Sappiamo tutti come finiscono la carriera i grandi campioni attuali… all’estero! Pochi l’hanno terminata in Italia. E fra questi voglio ricordare Roberto Baggio, un giocatore che ho nel cuore per quel suo modo di essere, semplice e vero, ma sopratutto paziente con i tifosi che si facevano km e km per un suo autografo”.

Aniello Cutolo (28) e l’esultanza provocatoria nel derby contro il Verona: da tifosa, ancor prima che da dirigente, cos’ha pensato?
“Che da giocatore forse l’avrei fatto anch’io. Quando ti schiacciano dentro ad una pentola a pressione per 90 minuti, prova ad aprire il coperchio… Da dirigente dico invece che poteva evitarla. Ma ripeto, se l’ha fatto qualcosa da dentro gli avrà detto di farlo….”

Più emozionante cantare in pubblico o vincere una partita in zona Cesarini?
“Sa cosa invidio ai miei calciatori? L’esultanza dopo un gol. Sa cosa m’invidiano quelli che mi ascoltano cantare? La mia voce. Vincere o cantare, si parla di emozioni. Sempre. E me lo lasci dire: io vivo per un calcio romantico. Un calcio che torni ad emozionare, semplice, pulito, ridotto all’osso, ma emozionante”.
Fonte | Claudio Sottile per tuttomercatoweb.com