Zago si ritira, nessun acquirente. La Benetton Basket Treviso rischia di sparire il 30 giugno

di Silvano Focarelli
TREVISO Ore 11.51 di lunedì 18 giugno: Bruno Zago telefona a Claudio Coldebella, comunicandogli che, per “motivi suoi”, ha deciso di ritirarsi dal consorzio Universo Treviso. In quel preciso momento al vice presidente della ex Benetton Basket si è spalancato il pavimento del suo ufficio. Una secchiata d’acqua gelata, anzi diciamo pure che questo, dopo quello della Sisley Volley, è il certificato di morte anche della Pallacanestro Treviso, anche se sarà ufficiale solo dopo il 30 giugno. L’ultimissima speranza è che qualcuno, nel frattempo non accetti di prendere il posto di Zago, non tanto o non solo dal lato finanziario, quanto da quello di “assunzione di responsabilità”. La ferale notizia è stata data da Riccardo Pittis ieri in conferenza stampa alla Ghirada, 24 ore dopo la telefonata di Zago: un sorriso che più amaro non si può per scandire bene parole pesanti come macigni. «Non possiamo, purtroppo, che prendere atto della decisione del signor Zago. Fino all’altro giorno avevamo la speranza di concretizzare quello che ritenevamo, e riteniamo tuttora, un miracolo, cioè aver raccolto in meno di tre mesi un milione e 40 mila euro, frutto della fiducia di 67 aziende. Che però non bastano. C’era sì la possibilità di avere uno sponsor di maglia, probabilmente nel 2013, e in piedi c’era anche una trattativa con un azionista estero, magari con condizioni faticose da accettare. Ma Zago era il nostro indispensabile punto di riferimento. Non so, forse abbiamo frainteso alcune situazioni».
Lanciando lo slogan “Io ci sono”, con il tuo ottimismo eri il primo a crederci. E ora? «Ora in me ci sono amarezza e tristezza. E speranza, almeno fino al 30 giugno: io ai miracoli ci credo. Oggi devo ammettere che c’è il consorzio, ma non tutto il resto. Chiaro che lo sforzo fatto finora resta, e vederlo vanificato tutto sommato è il male minore: l’abbiamo fatto con amore e dunque tanto faticoso non lo è stato. Il dramma è che l’ipotesi di sparizione della Pallacanestro Treviso è molto concreta. Non resta che sperare in un altro miracolo. Immagino che tutti i tifosi che in questi anni venivano al Palaverde non saranno molto felici di passare la domenica a spasso o nei centri commerciali: mi unisco al loro scoramento. Io, fossi qualcuno che non sono, un’ultima riflessione la farei. Abbiamo una decina di giorni perché uno, o più di uno, si metta la mano sul cuore».
A Varese ci riuscirono: a Treviso cosa è mancato? «Il tempo e un supporto importante: Universo Treviso in 90 giorni ha raccolto quanto Varese in un anno. L’unica certezza è che non abbiamo rimpianti, è stato fatto l’impossibile, ma non dipendeva solo da noi».
Coldebella si sente deluso anche come trevigiano. «Non è certo una bella immagine per il nostro territorio: avete visto che in questi mesi è stato fatto di tutto e di più e fino a dove eravamo arrivati. Adesso mi sento solo di ringraziare tutti coloro che si erano impegnati per questo progetto. Ribadisco che a questo punto non si tratta di impegno economico, ma di prendersi la responsabilità di guidare il progetto».


TREVISO Come suona beffarda la frase di Giorgio Buzzavo che il 13 marzo commentò così la (presunta) svolta positiva nella Pallacanestro Treviso: «Abbiamo riscontrato un reale interessamento per la Pallacanestro Treviso dal signor Bruno Zago, proprietario del gruppo Pro-Gest». Gli faceva eco Claudio Coldebella: «Con grande soddisfazione pensiamo di avere trovato nel signor Bruno Zago il pilastro da cui ripartire con il nuovo progetto di Pallacanestro Treviso».
Le ultime parole famose: adesso apprendiamo che non c’era alcun pilastro. Zago fra l’altro ebbe un’esperienza simile con il Calcio Treviso: dopo il crac Setten c’era anche lui nella cordata di Renzo Barcè che avrebbe dovuto prenderne il posto, ma alla fine ne uscì. In verità Zago anche stavolta era fin da principio scettico sulla sua partecipazione all’avventura, quindi chiamarlo dietrofront non è esatto. E lui così si spiega. «La mia disponibilità verso il consorzio era legata alla crescita degli eventi, che non c’è stata. Loro vennero da me dicendomi che avevano bisogno di un nome da mettere in prima pagina, utile a indurre altra gente ad entrare. Risposi: vabbè, il basket è una realtà che non conosco ma sono trevigiano e disposto a dare una mano. Però allora pareva che ci fossero tanti compagni di viaggio, io invece ho visto ben poco: l‘intesa era di sondare la provincia per vedere di tenere in piedi la situazione ma, con tutto il rispetto, le promesse sono un conto, i fatti un altro: il consorzio in questo momento non ha nulla in mano». E quella settantina di imprenditori, come li definisce? «Ciò che voglio dire è che mancano gli sponsor principali, la maglia era ancora linda: si parlava dell’interessamento di diverse aziende, che però non c’è stato». Dovrebbe spiegare anche perché se n’è andato quando probabilmente è troppo tardi per trovare l’alternativa. «Guardate che la mia non è una disdetta dell’ultimo giorno, ma del primo. Ripeto: il mio impegno era condizionato alla presenza di una serie di miei compagni di viaggio. Ho cercato fino alla fine di vedere dove si sarebbe andati a finire, però erano mesi che glielo dicevo: senza soldi non si va da nessuna parte, senza sponsor non si può fare. Il consorzio era come una casa priva di fondamenta». Crede anche lei che il basket a Treviso stia per sparire? «Non lo so. La risposta del territorio in verità c’è anche stata, ma manca sempre qualche azienda importante nel tessuto trevigiano interessata a mettere dei soldi veri. Tante chiacchiere, ma mai nulla di veramente concreto». Cosa si sente di dire ai tifosi che perderanno la loro squadra? «Quello che ho detto prima: il mio non è mai stato un vero ingresso, bensì un passaggio condizionato dal capire cosa ne sarebbe uscito. Mi auguro che qualcun altro esca allo scoperto e possa prendere il mio posto e portare in alto la squadra come ai bei tempi. D’altronde, è un momento di generale difficoltà economica:prima di pensare al basket, devo fare delle scelte prudenti e responsabili salvaguardando prima di tutto il lavoro dei miei dipendenti».


TEMPO FINO AL 30 GIUGNO, POI SI CHIUDE.
ll titolo sportivo è ancora in mano alla Verde Sport: potrebbe ripartire dalla B

TREVISO Il forfait di Bruno Zago è mortale non certo perché senza di lui manchino i soldi per cominciare: un milione già c’era, con altri sponsor, anche tecnici, la campagna abbonamenti, varie ed eventuali, si sarebbe racimolato quel paio di milioni sufficienti, dopo l’iscrizione già avvenuta, per partire e allestire una squadra fondata sui giovani più qualche esperto: non ci sarebbe voluto tanto. Il problema è che la vecchia proprietà, al momento del famoso annuncio (12 febbraio 2011), aveva specificato che i diritti sportivi li cederà (gratis) solo se la nuova realtà sarà guidata da un personaggio a cui far capo, un presidente o a.d. che garantisca in prima persona sul lato finanziario e tutto il resto. Costui era stato individuato in Bruno Zago, titolare di una seguita tv locale e di un gruppo, la Pro Gest, che conta 19 aziende ed un migliaio di dipendenti. Senza di lui, o chi per lui, la Verde Sport i diritti non li cede. L’estremo “Sos” dunque è già stato lanciato: se c’è un imprenditore, un libero professionista, un qualsiasi personaggio (o gruppo) disposto a non fare morire una realtà non solo sportiva ma anche sociale e culturale come la Pallacanestro Treviso, ossia ad entrare nel consorzio e rappresentarlo in futuro come punto di riferimento, si faccia avanti subito, entro fine mese. L’investimento finanziario, chiaro, è previsto ma non è così determinante nè oneroso come sembra. Se questo non avverrà entro giugno, Universo Treviso non avrà più ragione di esistere e si scioglierà, restituendo il milione e rotti agli imprenditori che li avevano garantiti. I diritti sportivi dell’A.P. Treviso erano e restano in mano a Verde Sport ed avranno uno di questi due destini: decadere, quindi sparire (com’è successo con la Sisley), o essere utilizzati per iscrivere una nuova entità ad un campionato minore, magari la B Dilettanti, e da lì ricominciare, come capitò dopo il fallimento della Fortitudo (ora in Legadue). Eventualità questa che certamente non rientrava nei desideri della famiglia di Ponzano al momento dell’annuncio del disimpegno. Insomma, ammesso che alla Reyer consegnino il Taliercio in tempo, se si vuole impedire che il Palaverde ospiti solo concerti non c’è tempo da perdere.

Fonte | Silvano Focarelli per Il Mattino di Padova