Ritorno all’Appiani, Salvatori: “Solo chi ci ha giocato può capirne l’unicità”

PADOVA – Era il 29 maggio 1994 e proprio in quel giorno, per l’ultima volta, il custode Franco, oggi scomparso, chiuse a chiave i cancelli dello stadio Appiani. Con Padova-Palermo 0-0 calò il sipario sul mitico catino costruito il 2 agosto del 1921 e per oltre 70 anni teatro di mille imprese e dei fasti dell’era Rocco. Oggi, 21 luglio 2012, è una data storica non solo per il calcio padovano ma tutto sommato anche per l’intero calcio italiano, perché alle 18 il Padova, a distanza di 18 anni dall’ultima esibizione ufficiale, tornerà a calcare il prato verde di uno dei templi del pallone tricolore. Sembra un assist del destino, eppure proprio quest’anno Fabrizio Salvatori è stato scelto dal presidente Marcello Cestaro per raccogliere l’eredità di Rino Foschi. E proprio Salvatori sa bene cosa significhi giocare all’Appiani: «La partita che ricordo con più emozione – sorride il dirigente pesarese – è quella di Coppa Italia giocata il 5 settembre 1982 contro la Juventus. Finì 1-1, io ero titolare e marcai Paolo Rossi, all’Appiani c’erano 24.000 spettatori. Una bolgia incredibile anche per uno squadrone come i bianconeri: segnò Boniek, ma pareggiò Pezzato, lo ricordo come fosse ieri. Quell’anno riuscimmo anche a centrare la promozione in serie B dopo una splendida cavalcata, pensare adesso di poter vivere nuovamente il brivido dell’Appiani da dirigente, lo ammetto, mi regala tantissime emozioni. Non riesco quasi a crederci, il fatto che questo avvenga proprio nell’anno del mio ritorno a Padova da dirigente è un bellissimo regalo che ricevo in dono». E dire che Salvatori, appena quattro mesi fa, era tornato nella città del Santo per fare visita all’amico Emilio Da Re: «E in quell’occasione – sorride – non potevo certo immaginare che sarei diventato ds del Padova. Quel giorno la moglie del vecchio custode Franco, che oggi purtroppo non c’è più, ci aprì i cancelli e tornammo a visitare il mitico Appiani. Fu un’emozione incredibile, solo chi ha giocato in quello stadio può capire cosa significhi la giornata che stiamo per vivere. A suo modo, era uno stadio moderno, con le tribune e le curve attaccate al campo, ogni volta per la squadra che ci affrontava era un inferno uscirne senza le ossa rotte». E così, con 1500 biglietti gratuiti polverizzati in meno di un’ora e con code, liti e polemiche a non finire all’interno della tifoseria, oggi la festa del popolo biancoscudato potrà finalmente andare in scena: «Da ieri a mezzogiorno e mezza – spiega Fulvio Pea – tutti i giocatori sono stati istruiti a dovere su quello che sta per capitare. Abbiamo fatto una riunione tecnica perché ognuno di loro conosca la storia di questa società capisca che è un onore poter giocare in questo stadio, testimone delle imprese memorabili di uno dei più grandi allenatori di tutti i tempi come Nereo Rocco». A qualcuno, forse, scapperà pure la lacrimuccia, pensando all’inadeguatezza e alla conclamata bruttezza dell’Euganeo. Ma tant’è, oggi si scrive un altro piccolo, incancellabile pezzo di storia.

Fonte | Dimitri Canello per Corriere del Veneto