Padova – Varese , Granoche: “Rispetteremo i biancoscudati, ma se ci aggrediranno…”

Capita che le partite di calcio vivano di momenti, attimi capaci di far diventare tutto il resto semplice contorno. Una giocata, uno scatto, una parata. Un calcio di rigore. Agli occhi più superficiali e disattenti la partita di Pablo Granoche contro l’Empoli si è risolta in quell’attimo maledetto, minuto trentatre della ripresa, quando il suo tiro dal dischetto (rigore che, peraltro, si era procurato lui) è stato respinto dal portiere avversario. Bum: in un istante se n’è andato tutto il resto, i chilometri di corsa a ripiegare dove i compagni non riuscivano ad arrivare, i cento palloni cercati e toccati. Per gli occhi più attenti, però, il momento che ha riassunto la partita di Granoche è stato un altro: dopo il triplice fischio, quando El Diablo è andato sotto la curva che lo applaudiva per fare qualcosa che non avevamo visto fare a nessuno. Chiedere scusa. «Se vi ha stupito quel gesto – ci racconta – significa che mi conoscete ancora poco. Sabato ho sbagliato, e la responsabilità della sconfitta è tutta mia: si può parlare di una partita giocata male, di un pomeriggio storto, ma sono stato io a sbagliare. E io ci tengo maledettamente: il mio compito è quello di restituire alla gente di Varese almeno un decimo dell’entusiasmo con il quale mi hanno accolto».

E allora, quel gesto?
Appena l’arbitro ha fischiato la fine, la curva si è messa a cantare il mio nome: «Pablo alè, Pablo Granoche». E questa cosa mi ha colpito davvero, perché non me l’aspettavo: mi sentivo in colpa prima, dopo quel coro mi sono sentito ancora peggio. E allora dovevo scusarmi con loro, scusarmi con tutti: perché ero, sono in debito.

Ma ci pensa ancora a quel maledetto rigore?
Ci sto ancora male, ma non ci penso più: quell’attimo è cancellato, scomparso, non esiste. Perché se continuassi a pensarci farei del male a me e a tutta la squadra. E invece il bello del calcio è che ti dà subito la possibilità di rifarti, una rivincita: venerdì a Padova posso riprendermi tutto, ma solo se scenderò in campo con la testa sgombra.

Venerdì, sul campo del Padova, tutti danno il Varese per spacciato. Ci convinca che non è vero.
A Padova ci giocheremo tanto, sarà una partita decisiva per il nostro futuro perché una vittoria ci lancerebbe in una posizione di classifica importante. Varese spacciato? Lasciamo che lo pensino tutti, noi sappiamo che non è vero.

Perché?
Loro sono fortissimi, una squadra fatta per conquistare la serie A senza nascondersi. E noi andremo a casa loro per rispettarli. Sapendo però che il Varese contro gli avversari più forti gioca meglio: non ci pare vero di giocare in trasferta con squadre che ci aggrediscono e cercano di fare la partita, così noi possiamo punirli con le ripartenze che sono la nostra arma migliore.

Granoche e Maran: racconti il vostro rapporto.
Io e il mister abbiamo un rapporto meraviglioso, anche se siamo stati insieme soltanto un anno a Trieste: ma il nostro legame va oltre a quella semplice stagione.

Perché?
Perché lui è stato il mio primo allenatore qui in Italia: è stato lui a darmi i primi consigli e a insegnarmi cosa fare e cosa non fare per stare a galla in questo calcio. È stato lui a dirmi quello che sbagliavo e quello che invece facevo bene, ed è stato lui ad aiutarmi nei momenti difficili con la parola giusta, lo sguardo giusto.

Se Maran non fosse l’allenatore del Varese, lei sarebbe qui?
Sinceramente, no. La sua presenza è stata decisiva nella mia scelta, perché mai avrei accettato di trasferirmi nelle ultimissime ore di mercato in una piazza nuova nella quale non conoscevo nessuno. È stato Maran a chiamarmi, e io sono andato da lui. E io ci tengo a fare grandi cose qui a Varese, perché lo devo anche al mister.

Tornasse indietro, lo rifarebbe?
Cento, mille volte sì. Perché questa città ci ha messo un attimo a conquistarmi, e lo stesso è successo alla mia famiglia: loro si trovano benissimo, e questa cosa per me è molto importante.

Cosa è stato a conquistarla, di Varese?
L’affetto sincero dei tifosi, che solitamente ti osannano quando vinci e ti fischiano quando perdi e invece qui è tutto diverso: questa gente ama davvero la sua squadra, e il calore dello stadio rende tutto più bello. E portano un giocatore a fare un gesto come quello che ho fatto io dopo la partita di sabato.

Venerdì, Padova-Varese. L’arbitro fischia un rigore per il Varese. Chi lo tira?
Pablo Granoche, ovvio.
Fonte | Francesco Caielli per La Provincia di Varese