Sabatini primo con il Frosinone: “Pensavo di tornare in pista prima”

«Ero gracile, poco determinato e facevo molta panchina. Così ho smesso di giocare». Quel ragazzino di vent’anni che decise di dire basta con il calcio giocato ora ne ha 51 e della panchina ha fatto il suo luogo di lavoro. Carlo Sabatini è ripartito l’estate scorsa da Frosinone e dopo due mesi di campionato si ritrova in testa al girone B della Prima divisione insieme con il Pergocrema.
Il via dal basso «Forse è proprio la determinazione la qualità che mi ha aiutato di più per farmi strada come allenatore — aggiunge Sabatini — sono partito con i pulcini della Pontevecchio, bambini di 8-9 anni. Ho fatto le scuole calcio e i camp estivi a Padova. Tutto questo per me è motivo di vanto». Anche perché poi, nel giro di due decenni, è arrivato a conquistarsi la B sul campo con il Padova. Una storia d’amore complicata, tra addii (due) e ritorni (due). «E’ stata un’esperienza che mi ha lasciato un ricordo molto positivo, anche se ho sofferto per il distacco».
Sabatini arriva nella società biancoscudata all’alba dei 30 anni e oltre ad allenare i piccoli calciatori svolge il ruolo di tutor per i ragazzi un po’ più grandi che viaggiano quotidianamente. Tra di loro futuri professionisti come Gastaldello, Foggia, Andreolli e un certo Del Piero: «Alessandro aveva grandi qualità tecniche e molto sale in zucca. Ricordavo sempre ai giovani come lui avesse appeso un poster di Platini in camera ammirandolo ogni giorno nella speranza di eguagliarlo. Aveva una voglia feroce di arrivare». Tratti simili insomma tra lui e Ale.
Dribbling burocratici Anche perché Sabatini ha pagato il suo curriculum scarno di calciatore: «Ho potuto fare il corso di allenatore di seconda categoria a 47 anni e con 26 stagioni alle spalle soltanto per un’apertura della Figc che ha creato una graduatoria per tutti quelli come me. Addirittura ho avuto bisogno di una deroga federale triennale per poter guidare la Primavera del Padova».
Poi nel settembre 2010 ha conseguito l’abilitazione a tecnico di prima categoria: nel gruppo c’erano anche Di Francesco e Sannino, arruolati in B. Mentre lui era a casa. «L’anno da disoccupato mi è pesato perché venendo dal settore giovanile non mi era mai capitato. Mi sono arrivate pochissime proposte concrete e, onestamente, mi aspettavo di rientrare prima nel giro. Ne ho approfittato per aggiornarmi. Ho seguito molto la B e la Lega Pro. Le buone intuizioni dei colleghi si trovano in tutte le categorie».
Dagli anni nel settore giovanile ha mutuato un’attitudine che riversa anche ora sul suo gruppo: «Ho imparato a dare una seconda chance a tutti, non scarico nessuno». A meno di 100 chilometri ci sono Roma e il fratello Walter («Non lavoreremo mai insieme perché a entrambi non piacerebbe annusare l’aria dei raccomandati»), mentre a Frosinone negli spogliatoi il responsabile operativo Salvini ha appeso le foto dei primi gol stagionali: «Ci ricordano la forza e l’entusiasmo del gruppo».


Fonte: Matteo Brega per La Gazzetta dello Sport