Giorgio Sterchele su Dal Canto: “Ve lo racconto io quell’orso di Ale”

PADOVA Chiamare Giorgio Sterchele “solo” il preparatore dei portieri biancoscudato sarebbe riduttivo. Gino (soprannome storico) è un grande amico e confidente di Dal Canto, un ex giocatore da 400 presenze tra i professionisti e, perchè no, una delle anime più burlone del gruppo.
Da dove cominciamo? «Da mio figlio Nicolò, 17 anni, per una volta che ho il sabato libero sono venuto a vederlo».
Segue le orme del padre? «No fa l’arbitro, mestiere duro. Però mi prema che continui gli studi. Vuol diventare cuoco e sa che al padre piace mangiare».
Però lei è dimagrito da quest’estate. «Dieci chili, mi è bastato tornare a muovermi, così posso anche fare qualche scatto senza il rischio di strapparmi come successe dopo il gol di Cacia nel derby».
Scena epica. A volte, però, sembra che rischi lo strappo per correre dietro a Perin quando la fa arrabbiare. «Mattia è come un figlio per me, per questo lo tratto a bastone e carota. E’ un giovane esuberante che trasuda simpatia, ha grande talento e in campo si è visto».
Pelizzoli? «In serie B ci serve un portiere esperto come lui. Veniva da una lunga inattività, ha fatto una preparazione durissima e aveva iniziato bene. Poi l’infortunio serio. A Bari ha sbagliato partita, ma era la terza in pochi giorni e un portiere mentalmente ne risente di più rispetto agli altri. Ma vedrete, sarà decisivo nel finale di stagione. E’ un portiere da A».
Cano? «Vorrei ringraziarlo pubblicamente per l’aiuto che mi dà. Il riscaldamento pre partita lo affido a lui. E’ durissima mandare in tribuna un giocatore del suo livello. Dopo l’infortunio di Pelizzoli avevamo anche pensato di farlo giocare. Per lo spogliatoio è un elemento cardine».
Già, lo spogliatoio. Che aria si respira? «Grande gruppo, unito ed entusiasta. A volte si discute, ma come in tutte le famiglie. Mi è dispiaciuto leggere di presunti liti tra Cacia e Dal Canto. Non è mai successo nulla. Il bomber ha passato un periodo un po’ così, qualche società non si è comportata bene e l’ha distratto. Ma ora ci darà una grande mano».
Verso che obiettivi? «Faremo di tutto per raggiungere la A. Fondamentale è restare nei playoff, ma ancora nulla è chiuso. Ora servirebbero 3-4 vittorie consecutive per blindare gli spareggi e guardare avanti».
Chi vede favorite? «Torino, di un’altra categoria, e Sassuolo, molto solido». Andate ancora a pescare lei e Dal Canto? «Ogni tanto, serve a staccare la testa. Ma questo è un mestiere incredibile, ti tiene sull’attenti 24 ore su 24. E’ stressante».
Pentito? «Assolutamente no, sono felicissimo del lavoro che faccio e di essere qui. Mi sono sempre tenuto libero per legarmi a Dal Canto».
Siete grandi amici. Un pregio e un difetto del mister? «E’ un orso, come me. Ma non è un ruffiano, al contrario di molti tecnici. Fossi ancora giocatore vorrei essere allenato da lui per la calma e sicurezza che trasmette alla squadra».
Però con i tifosi non c’è feeling. Come la vive lui? «Gli dispiace, ma sa che bastano i risultati per far tornare il sereno. Quel che gli preme è star bene con la squadra. Non è presuntuoso nè antipatico ma a volte, con certe uscite pubbliche, può sembrarlo. Fidatevi, lo fa soltanto per proteggere la squadra ed è una cosa indispensabile. Quando non allenerà più qui in tanti lo rimpiangeranno».
E’ una minaccia? «Affatto. Stiamo bene a Padova e vorremmo aprire un ciclo. Vincere qui è durissima ma il sogno è entrare nella storia come Sandreani e Rocco, al quale Dal Canto ogni tanto viene paragonato».
Quando succede come reagisce? «Noi lo prendiamo in giro, lo chiamiamo Guardiola, lui sorride. Sa di dover migliorare. E’ una persona umile e sensibile. Diventerà un grande tecnico. Così poi mi porta ad allenare i migliori portieri del mondo».
Fonte | Stefano Volpe per Il Mattino di Padova