Mattino: 100 presenze per Cuffa, ma da Monselice scappò

PADOVA Doveva tornare, Claudio Matias Cuffa. Era scritto in un destino che da beffardo si è trasformato in dolcissimo regalandogli una seconda luna di miele con la maglia biancoscudata. La prima avventura si era chiusa a quota 98 presenze in campionato e sembrava proprio che dovesse fermarsi lì, a due piccoli passi dall’esclusivo club dei “centenari”. No, troppo comune per un tipo che banale non lo è mai stato, basta vedere come si è ripresentato ai suoi vecchi tifosi: gol, decisivo, 46 secondi dopo essere entrato in campo. Oggi Cuffa tornerà nello stadio che due settimane fa gli ha tributato un’autentica ovazione e gli regalerà un’altra giornata da pelle d’oca. L’argentino, infatti, verrà premiato per le cento presenze in maglia biancoscudata raggiunte a Brescia. È il secondo giocatore, dopo Renzetti, ad arrivare in tripla cifra nella rosa attuale, oltre ad essere il quarto straniero nella storia a tagliare questo traguardo. Davanti a lui ci sono solo il portoghese Faisca (104), lo svizzero Fuchs (108) e l’argentino Humberto Rosa (150) che considerati gli altri due anni di contratto per Cuffa, non sarebbe poi così lontano.
Meteora. Chi l’avrebbe mai detto, la bellezza di 11 anni e mezzo fa, quando un carneade argentino sbarcò nella nebbia della bassa padovana, in quel di Monselice? Una toccata e fuga talmente veloce che negli anni se ne erano perse le tracce. Ora, dagli archivi, rispuntano foto e articoli di un giovanissimo Cuffa, arrivato in Italia a 19 anni, nel febbraio 2001, per aiutare il Monselice a raggiungere la salvezza nel campionato d’Eccellenza. Uno sbarbatello, con i capelli lunghi e tinti di biondo, presentato come attaccante. L’impatto non fu dei migliori e nonostante alcune fonti, sul web, parlino di 22 presenze e 5 gol, l’argentino giocò appena un paio di partite col numero 9. A confermarlo, dopo aver rivisto, divertito, le foto, è lo stesso Cuffa: «Come spesso accade mi fidai di un procuratore che mi promise mari e monti in Italia. Era la mia prima esperienza all’estero e in Argentina giocavo da trequartista o punta. Ma a Monselice non mi ambientai, al punto che, dopo appena due partite, tornai in patria». La trasformazione. Quante volte si sente dire ad un ragazzo, dalle nostre parti: «Tajate i cavei e fatte na fameja»?. Beh, è la strada che ha scelto Cuffa, dopo il primo infelice impatto nel nostro paese. «Una volta in Argentina, mi sono tagliato i capelli», sorride, «e ho cambiato ruolo. Ma forse proprio dalle mie origini da centravanti ho preso l’istinto di cercare spesso la porta». Tornato in Italia, si è fatto anche una famiglia, sposando Angela che gli ha regalato. Simone. Oggi sono loro la sua vita: «Dopo aver capito che non rientravo nei piani del Padova, non ho cercato subito una squadra. Volevo pensare prima di tutto a quale fosse la destinazione migliore per i miei cari. A fine agosto stavo già andando a Milano per firmare con una squadra (Novara ndr), quando mi è arrivata la chiamata del Padova. Non ci ho pensato un secondo a tornare indietro».
Fonte | Stefano Volpe per Il Mattino di Padova