Questo il pensiero del diesse Fausto Pari circa la crisi aperta in casa canarina.
LA PREMESSA: «Non voglio alimentare polemiche su un caso che ci ha reso lo zimbello dell’Italia calcistica. Quello che mi preme di più è fare chiarezza su un punto: si è detto che i calciatori sono stati manovrati da qualcuno, ebbene questo fantomatico burattinaio non sono io. Non ho mai tramato alle spalle di nessuno, io agisco solo ed esclusivamente per il bene del Modena».
DIMISSIONI? «Non è mia intenzione abbandonare la nave e i calciatori nel bel mezzo della bufera. Di una cosa sono pentito: il giorno in cui è stato esonerato Bergodi avrei dovuto rassegnare le dimissioni. Non tanto per l’esonero in sé, perché è prassi che quando i risultati non vengono a pagare sia l’allenatore, piuttosto per le modalità. Io e il presidente Rinaldi eravamo in Argentina e avrei preferito che si fosse atteso il nostro rientro in Italia. Così non è stato e il mio ruolo è stato snaturato, tra l’altro non avrei scelto Cuttone per il dopo Bergodi. Sono stati i calciatori a convincermi a rimanere, dicendomi che ero l’unico che capiva di calcio in tutta la società».
I GIOCATORI E LA TALPA «Già da diverse settimane i calciatori mi avevano riferito di un certo malessere nei confronti di Cuttone. Io, che ho giocato per 21 anni, pur facendomi la mia idea ho pensato che forse stessero ingigantendo il problema: in varie occasioni mi sono arrabbiato ricordando loro che avrebbero dovuto concentrarsi solo sulla salvezza. Siccome il mio rapporto con il presidente Rinaldi è ottimo, gli ho riportato tutte le lamentele. Anche Ghirlandina Sport era al corrente di tutto. Non mi sarei mai aspettato, però, che la situazione esplodesse e degenerasse in questo modo. Si deve dare atto alla squadra di aver messo la faccia davanti alla piazza e di essersi assunta una responsabilità enorme. Uno dei fatti più gravi è come la stampa sia stata informata in tempo reale della situazione. Queste fughe di notizie danneggiano il Modena».
PARI E CUTTONE «Non siamo amici e probabilmente non lo saremo mai. Il nostro rapporto è prettamente professionale. Io non ho mai fatto da intermediario tra la squadra e l’allenatore, ma ho sempre fatto riferimento alla società. Se io fossi in Cuttone me ne sarei andato».
CASO DI GENNARO «Mi sono visto piombare Davide in ufficio subito dopo la lite con Cuttone. Era furibondo e mi ha chiesto di essere ceduto, ipotesi che io non ho nemmeno preso in considerazione. Ho preso Di Gennaro e l’ho riportato ad allenarsi, seppur Cuttone lo avesse offeso. Per quel che mi risulta è l’unica volta in cui il mister ha offeso un calciatore e di questo caso ne abbiamo parlato in società. Le stesse cose erano avvenute quando Cuttone allenava a Benevento? No comment».
CASO GUARDALBEN «Matteo è stato raffigurato come il capo della rivolta in atto, anche da un giornalista nazionale imbeccato a dovere (Alfredo Pedullà, ndr) e quindi ha difeso la propria integrità: penso che abbia spiegato tutto alla perfezione. La conferenza stampa in cui Cuttone si è comportato da “ducetto” e la non convocazione di Guardalben sono state due cause dell’ulteriore cementificazione del gruppo, che adesso è unito come mai prima d’ora».
CASARI «Durante le riunioni che si sono tenute io ho parlato chiaramente al presidente Rinaldi e alla proprietà. Casari ha deciso che dovesse rimanere Cuttone, lui ha la maggioranza e la parola finale. Non dovete chiedere a me quali siano state le motivazioni che hanno portato a questa decisione».
LA SALVEZZA «Alla fine dei conti sono sempre e solo i calciatori che vanno in campo. Dobbiamo appellarci alla loro professionalità, solo così potremo raggiungere la salvezza. La rosa è buona e i calciatori rispetteranno la scelta di tenere Cuttone».
Fonte: Giovanni Balugani per La Gazzetta di Modena
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