Il Mattino ricorda i campioni della Primavera biancoscudata a 50 anni di distanza

PADOVA Da cinquant’anni si conoscono. Da una decina hanno invece deciso di non separarsi più. Sono gli eroi che fecero l’impresa, ovvero, che nell’estate del 1961 si misero in tasca il campionato italiano Primavera indossando la casacca del Calcio Padova. Impresa ripetuta anche cinque anni dopo ed emulata anche dagli Allievi che agli inizi degli anni Settanta conquistarono un ticolore. Molti di loro, ora settantenni, hanno appeso le scarpe al chiodo da tempo, molti, dopo lo scudetto hanno intrapreso professioni diverse: chi ristoratore, chi avvocato. Tuttavia, per molti quell’avventura ha segnato la vita di ciascuno, tanto che una decina d’anni fa, quando Mario Boetto ha deciso di “convocare” la squadra all’Appiani, tutti hanno risposto “come un sol uomo”. E da quel giorno ogni aprile è festa. «Non vedevo l’ora di rabbracciare i mieri compagni», ricorda Boetto che conserva tutte le fotografie dell’epoca. «Dopo aver vinto lo scudetto», continua, «sono partito per il militare. Poi ho giocato in serie B con il Padova e infine mi sono trasferito alla Solbiatese, al Trento e al Monselice. Ho giocato fin che ho potuto, ovvero vino a 34 anni. Poi ho cominciato ad allenare». Panchine importanti per il tempo: Monselice, Este, Montagnana. Ma sempre con un pensiero fisso in testa e un desiderio nel cuore. Incontrare nuovamente i compagni dello scudetto. «La svolta arrivò nel 2002», aggiunge Boetto, «Era dal 1961 che non ci rivedevamo tutti insieme. Così, un bel giorno ho deciso di convocare tutti. Convocare, sì: è il termine più adatto. Perché ho detto ad ognuno di trovarsi all’Appiani il giorno e l’ora precisi. E incredibilmente ci siamo ritrovati tutti. Per fortuna stiamo tutti bene. E così da quel giorno, ad aprile, ci troviamo. Andiamo a mangiare nel locale di Levi Minzi che gestisce un locale ad Albignasego. Ma può succedere, come l’altra sera, che ci siamo radunati ugualmente nella pizzeria di Scucciari di Este. È un modo come un altro per continuare a ricordare quando giocavamo tutti insieme». Un modo come un altro per rivivere serenamente la propria gioventù.
Fonte | Il Mattino di Padova