Mattino: tutti pazzi per Raimondi ! Tifosi e famigliari si coccolano Andrea

PADOVA Segnare il primo gol, segnare il gol decisivo nel derby, e regalare alla propria squadra la vittoria in “zona Cesarini”: queste sono le tre emozioni più grandi che un calciatore può vivere. Provate a pensare di condensarle in una frazione di secondo, e di farlo all’esordio con addosso la maglia della propria città: la serata di Andrea Raimondi è stata tutto ciò. Il risveglio dopo una notte da ricordare non può essere più dolce di così. Il risveglio. È quasi mezzogiorno quando Andrea, dopo una nottata di festa, spalanca le imposte della sua casa. Jeans e canottiera, negli occhi la soddisfazione di aver fatto qualcosa di grande. In camera, davanti al letto, l’armadio cela una variopinta serie di maglie: Padova, Juve Stabia, Sangiovannese, ma non solo. Andrea scende le scale, superando chitarre e violino appesi al muro, e prepara un caffè nel cucinino ricavato di fianco alla sala d’ingresso. Le sue passioni sono tutte lì: le cuffie e gli strumenti musicali, la consolle collegata al televisore davanti al divano rosso, e quella maglia lasciata sul tavolo la sera prima. Quella con il numero 18 e i segni che l’erba ha lasciato quando i compagni l’hanno sommerso dopo il gol: presto finirà in una cornice e sarà appesa su uno di quei muri che profumano di fresco. La casa è appena stata rinnovata: in giardino pennelli, pitture e piastrelle lasciano intendere un lavoro di fino, ultimato da poco. È Marco, l’amico di sempre, a suonare per primo alla sua porta. Si comincia con la lettura del Mattino di Padova, e Andrea spedisce subito un messaggio: «Ciao Baba, hai visto che ci siamo io e te in prima pagina?». «Grande!», risponde Babacar dopo pochi istanti. «Tieni la pagina, sarà un bel ricordo». E non potrebbe essere altrimenti, replica lui ad alta voce: «Cuffa piangeva per me, mi diceva di ringraziare Dio per quanto successo». La notte più bella. Marco e Andrea si conoscono da quando avevano dieci anni. Si sono incontrati nelle giovanili del Padova, poi durante gli anni alla scuola media Briosco, in quartiere. Le loro carriere calcistiche hanno intrapreso strade diverse, ma l’amicizia che li lega è rimasta tale. È stato proprio Marco, sabato sera, ad andare a prendere Andrea allo stadio Euganeo, dopo la partita. E poi via, insieme, a far festa in una discoteca in provincia. Sorrisi, soddisfazione, emozioni uniche: dal buttafuori al barista, tutti a stringere la mano all’eroe del derby. Con buona pace dei tanti amici seduti al tavolo. L’altra sera era sua. Sua. Dell’eroe del derby. Di colui che ha saputo aspettare. Andare in un’altra squadra. E poi tornare. Confermando a tutti che la scelta di riprenderlo è stata giusta. Gli abbracci. Ormai è passata poco più di mezz’ora da quando Andrea s’è svegliato. Le pagine del giornale raccontano che ciò che ha fatto non è un sogno. È realtà. Scritta con l’inchiostro indelebile nella sua memorio. Nell’anima. Nel cuore. Andrea si mostra tranquillo. Anche quando dal cancello si fanno avanti zio Lino, mamma Raimonda e papà Leopoldo. Abbracci, strette di mano, gli occhi lucidi. «Avevo l’adrenalina a mille», racconta subito la mamma, «sono felicissima per mio figlio. Ora è giusto che si goda il momento: ha lavorato tanto e se l’è meritato». Papà invece sa che Andrea non ha fatto ancora nulla: «La panchina era già un grande traguardo. Ora deve continuare a non porsi limiti». I ricordi. Telefonate ed sms scandiscono i minuti a casa Raimondi. È tempo di andare a pranzo. È’ sabato: bisogna festeggiare. Un gol così può cambiare una carriera. Quando aveva dieci anni, prima di un Padova-Triestina davanti ai novemila dell’Euganeo Andrea fu premiato da Thomas Fig quale miglior giocatore del “Torneo Gattamelata”. Indossava la maglia della Gregorense, e cullava il sogno di ogni ragazzino: «Chissà se un giorno riuscirò a segnare in questo stadio» confidò al papà che lo aspettava a bordo campo. Dodici anni dopo il sogno è diventato realtà. Una realtà che però rappresenta qualcosa di più. L’altra notte all’Euganeo quel gol si è trasformato in una “sliding door”. Ora tutto è possibile. Andrea lo sa.


PADOVA Increduli. Felici. Ciarlieri. Papà e mamma di Andrea non stanno nemmeno loro nella pelle. Venerdì sera papà Leopoldo era a lavorare, come sempre, in pizzeria. Mamma Raimonda, invece, era uscita a mangiare con le amiche. Sembrava un anticipo come altri. Con Andrea in tribuna o al limite in panchina. Nulla di più. Invece, all’improvviso, la palla calciata da Andrea è andata a infilarsi nell’angolino. Gol: 2-1. Nel derby. Contro la corazzata Verona. All’ultimo secondo. «Quando ha segnato stavo per mettere sotto sopra la casa», racconta euforico lo zio Lino, l’unico a godersi la prodezza di Andrea seduto sul divano. Papà Leopoldo, invece, s’è dovuto accontentare della tv al del locale. Mamma Raimonda, al contrario, è stata avvertita da un’amica via sms: «Andrea ha segnato», le hanno scritto. «Non prendetemi in giro» aveva risposto lei. Ha dovuto chiamare Lino per avere la certezza. Alla gioia ha partecipato anche la sorella Elena, (che vive a Bologna), che ha immediatamente mandato un sms al fratello: «Non ci posso credere, ci ho messo cinque minuti a realizzare quanto è avvenuto». Ma anche la fidanzata Claudia non è stata da meno. Lei, il match, se l’è visto in televisione. E pazienza che sia di Vicenza. E pazienza che domenica prossima ci sarà un altro derby, stavolta proprio con i biancorossi. Il gol è stato così bello, così imprevedibile, così definitivo, da desiderare di vederne subito un altro. Intanto anche nonna Oria si gode il successo del nipote. Lo zio Lino le ha già spiegato che in famiglia è nato un campione.
Fonte | Francesco Cocchiglia per Il Mattino di Padova