Vicenza, Rabito in tribuna con Di Nardo: “Quanti fischi due anni fa, bisognava giocarsela fino alla fine…”

PADOVA Andrea Rabito, come va? «Bene, grazie. Sono qua a Cremona che sgomito per giocare, anche se, a dire il vero, vengo utilizzato poco. Che vuole, a gennaio la squadra si è rinforzata notevolmente, con Possanzini e Coralli, e davanti siamo in tanti, otto per la precisione, per cui la concorrenza è folta. Un po’ com’era a Padova».
L’abbiamo chiamata perchè lei, vicentino doc, essendo nato a Monticello Conte Otto l’11 maggio 1980, ed avendo indossato a lungo la maglia biancoscudata, è il soggetto più indicato per parlarci di Vicenza-Padova. «Le dò una notizia, intanto: con Totò (Di Nardo, ndr) sarò in tribuna al Menti. Visto che capita di lunedì, è una buona occasione per entrambi di riprovare sensazioni particolari come quelle che ti regala il derby. Io poi ho qualche ragione in più: sono vicentino d’origine, appunto, e ho avuto la fortuna di incrociare per 4 stagioni (2007-11) la casacca biancoscudata. Non sono mai stato così a lungo in nessun’altra società (116 presenze e 26 gol all’attivo): e le emozioni vissute lì non le ho più riscontrate. Penso solo alla storica promozione in B, con quella partita di Busto Arsizio…».
Già, un pomeriggio memorabile in uno stadio che era tutto o quasi per la Pro Patria. «Una soddisfazione immensa, il coronamento di un inseguimento sofferto e rocambolesco, dopo che la stagione precedente, con Mandorlini, avevamo sfiorato di un niente i playoff. La promozione con Sabatini alla guida resterà scolpita nel mio cuore come un momento bellissimo, soprattutto perchè abbiamo fatto gioire tante persone di Padova e non».
Poi, una volta in B, ecco il primo, tormentatissimo campionato: partiti benissimo, due esoneri e alla fine la salvezza al playout di Trieste. Ma tutti ricordano proprio un Vicenza-Padova in cui foste subissati di fischi per un pari che sembrava figlio di un preciso accordo. Ci può raccontare che successe allora? «Io non partii titolare dall’inizio, ero in panchina e subentrai a gara in corso. Per esigenze di classifica era un derby molto delicato, c’era paura su entrambi i fronti, non ci si voleva far male. Quando feci il mio ingresso in campo, capii subito che l’andazzo era proprio quello di non farsi male. Il pari, del resto, andava bene ad entrambi. A ripensarci con il senno di poi, avremmo invece dovuto giocarcela sino in fondo».
Come va a finire adesso? «E’ una sfida aperta, perchè sia i biancorossi che i biancoscudati necessitano di punti. Il Padova poi, con i 3 persi a tavolino, deve guardarsi le spalle. Ci sarà molto ardore agonistico, io mi giocherei la tripla».
Fonte | Stefano Edel per Il Mattino di Padova