Gianni Brera, mercoledì saranno 20 anni di calcio senza il cantore più grande. Il ricordo de “Il Messaggero”

MILANO – «Il vero calcio rientra nell’epica». Gianni Brera (vero nome Giovanni Luigi Brera, nato a San Zenone al Po, 8 settembre 1919 – Morto a Codogno, 19 dicembre 1992)) raccontava così dalle colonne del Giorno Italia-Germania 4-3, con un resoconto «a metà tra epinicio e ditirambo». Mercoledì 19 Dicembre saranno 20 anni di pallone senza la sua firma, e forse è un po’ anche per questo che le domeniche hanno sempre meno l’aura del mito. “Eupalla, Puliciclone, Rombo di Tuono”: trasformati da quella penna la corsa, i salti, i tiri, i voli della palla non sono mai stati solo sport. Anche se fu lui a imporre un nome diventato universale per uno degli undici giocatori, quello a suprema difesa del portiere: «il libero».

Avvolgeva le gesta sportive del fumo dell’immancabile sigaretta o della pipa, e da figlio povero della Padania che «gigioneggia con i suoi miti» creava epopea, nell’era pre-televisiva. «Lessi la prima volta “Rombo di Tuono”, e subito me ne innamorai – rivela oggi Gigi Riva – Al tempo non lo ammisi ma il soprannome coniato da Brera mi piaceva molto. E chi ci avrebbe mai pensato? Però rendeva perfettamente, confesso che da quel giorno mi sono sentito perfino un pò più forte. Di sinistro ero meglio io, ma di testa di sicuro lui…».

Gioan fu Carlo era nato in provincia di Pavia nel ’19; paracadutista della Folgore fuggito alla Gestapo e poi partigiano; laureato in Scienze politiche e di profonda cultura classica; allievo ideale dei Bacchelli e degli Zavattini, e per questo aedo dello sport come vita che scorre, da fermare con prosa ricca e profonda quasi fosse il letto del suo fiume; un passato giovanile da centrocampista di quantità e qualche timido tentativo da pugile, anzi da pugilatore avrebbe scritto lui; a 30 anni il più giovane direttore della Gazzetta dello Sport, dopo i mirabolanti reportage dal Tour tra cui spicca un celebre ritratto di Fausto Coppi. Poi capo dei servizi sportivi della novità Il Giorno, il Giornale, Repubblica, in mezzo la direzione del Guerin Sportivo dove dialogava con i lettori di calcio e vita col soprannome di Arcimatto. Soprattutto, ammiratore di Gipo Viani, del Padova e del suo Paron Nereo Rocco. Cioè, in fin dei conti, di quel modo di vivere il calcio.

L’invenzione del libero. Niente di più naturale che fosse lui a coniare la parola libero, scrivendola sulla tovaglietta di una cena con Rocco, o a “brevettare” il termine “contropiede”. Anch’esso sinonimo di una filosofia, di calcio e di vita, tutta italiana. “Figlio del dio Po” e precursore nell’utilizzare il termine “Padania”, trasformò leggende di provincia in categorie universali. Come quando teorizzava l’atavica inferiorità fisica del popolo italico come fondamento di un unico, possibile gioco: il difensivismo, per uccellare l’avversario atleticamente più forte.

«Il termine Abatino non mi ha mai dato particolarmente fastidio», ricorda Gianni Rivera, che per tutti gli altri era invece Golden Boy. Brera lo aveva però messo tra le pagine del suo libro dedicate agli strali polemici, felice di sfidare nelle opinioni i rivali giornalisti e per nulla timoroso di esser smentito dai fatti. «A dire il vero – prosegue il campione degli anni ’60 e ’70, cui toccò in sorte carriera diversa da quella di «giocatore da amichevole» – Brera aveva coniato quel soprannome per Bulgarelli, Mazzola e il sottoscritto: la compagnia degli abatini. Io fui l’unico a rispondere, e rimase appiccicato a me. Semplicemente, avevamo due idee diverse di come sfruttare i 110 metri del campo di gioco. Ma questo non ci impediva di incontrarci e parlarne al bar: spesso pensarla all’opposto e ritrovarsi di fronte a un bicchiere è l’ideale, nel calcio..».

Per questo al centro della tavola di casa Rocco, a Trieste per una celebre intervista tv, una bottiglia di buon rosso non poteva mancare. (…)

Brera: da Abatino a Rombo di Tuono, tutte le invenzioni del Gadda del calcio
La compagnia degli Abatini. Rombo di Tuono. Bonimba. Piscinin. Ma anche contropiede, centrocampista, libero. La lingua e le sue invenzioni: è questo il segreto del giornalismo di Gianni Brera, anche oltre le opinioni, i partiti presi, le battaglie ideologiche. Per Umberto Eco, il suo giornalismo fu un «Gadda spiegato al popolo».(…)
Riva era ROMBO DI TUONO, tanto quanto Achille è e sarà per sempre piè veloce. Così Gianni Rivera diventa ABATINO perchè fisicamente troppo fragile, leggero. Prima, c’era stato PEPPÌN Meazza e quel nomignolo lombardo raccontava la grandezza umile del campione di un’altra epoca. La classe di Causio poteva avere un solo nome: Barone, anche se in origine il nome era BARON TRICCHETRACCHE, a immagine dei fuochi d’artificio delle sue finte. È una forza della natura quando tira di sinistro Paolino Pulici, e subito diventa PULICICLONE. Rotonda la gioiosa propensione al gol di Boninsegna, all’arte BONIMBA. La corsa costante di Lele Oriali assomiglia alla pallina di un flipper, di qui PIPER. Per chi lo aveva visto crescere sin da bambino nelle nebbie delle giovanili Milan, Franco Baresi non poteva essere che il PISCININ. Helenio Herrera è ACCACCONE, in piccolo c’è Heriberto che è ACCACCHINO. Gullit diventa SIMBA. Virdis invece MASSINISSA. Tra i grandissimi, Maradona diventa un PRESTIPEDATORE, Armando Picchi era stato PENNA BIANCA. Poi c’è l’amore per il Genoa, il VECCHIO BALORDO. Ad ispirare il personalissimo glossario atletico c’era una divinità privata EUPALLA, protrettrice del bel gioco così come Atena lo era stata degli eroi greci sotto le mura di Troia. L’ideologia del calcio di Viani e Rocco ha delle parole chiave: il difensore aggiunto è un battitore LIBERO, e a distanza di anni sarà titolato così il film internazionale su Franz Beckenbauer (“Il libero”); l’azione che riparte dalla difesa un CONTROPIEDE, parola mutuata dal movimento opposto del coro nella tragedia greca.

Ci sono anche definizioni semplici: se un calciatore per ruolo agisce al centro del campo, come chiamarlo se non CENTROCAMPISTA?. E se un attaccante segna molto, atterrando un avversario come il matador fa col toro nell’arena, non sarà forse un GOLEADOR? C’è poi un’altra pagina del linguaggio breriano. L’amata terra bagnata dal Po è PADANIA, all’origine solo un’ indicazione geografica senza implicazioni paraparlamentari. Berlusconi che sbarca nel calcio è il CAVALIERE. E chi col pallone cinchischia a centrocampo fa MELINA: era solo un gioco in voga a Bologna, è diventato anch’essa categoria dello spirito umano.
Fonte | Il Messaggero